Il Mais “Principe di Scavolino” deve il suo nome a Tonino Guerra che volle mettere in risalto la sua antica e nobile provenienza. Le prime testimonianze orali attribuiscono l’origine del Mais ad un
agricoltore di Pennabilli, che si trasferì nel borgo di Scavolino all’inizio dell’800. A quel tempo il borgo era parte del feudo dei conti di Carpegna del ducato di di Urbino.
La posizione in altura isolata, ai piedi del monte Carpegna e la lunga storia di reggenza hanno precluso il borgo e i suoi abitanti da scambi culturali e commerciali. I contadini custodivano gelosamente le sementi e i frutti che fornivano alla tavola dei nobili. Il terreno marnoso fertile permetteva coltivazioni uniche e pregiate, tra esse quella del mais che veniva custodito gelosamente dai contadini. Con la chiusura dell’ultimo mulino ad acqua di Scavolino, la produzione si ridusse a piccole coltivazioni in orti famigliari, il suo recupero avvenne qualche decennio fa ad opera di un professore e dei suoi alunni.
Il Principe di Scavolino è caratterizzato da spighe a 8-12 file con semi di colorazione che varia dal rosso mattone, giallo e picchiato. Ben adattato all’ecosistema di altura, è resistente nei confronti delle malattie tipiche del mais. Ricco in vitamine, fibre, ferro e grassi insaturi, è caratterizzato da un sapore intenso e profumato. La macinatura a pietra genera una farina bramata dal colore rossastro caratteristico. Specialmente apprezzata dagli amanti di polenta, la farina può essere utilizzata per la preparazione di dolci, biscotti, e per tutte le lavorazioni tipiche. Come taglio può essere usata nella preparazione di pane, pasta e altri panificati.

COOPERATIVA AGRICOLA VALMARECCHIA BIO NATURA
La cooperativa agricola Valmarecchia Bio Natura è nata nel 2018 con lo scopo di recuperare alcune varietà di frumento e legumi coltivati nei secoli scorsi in Valmarecchia.
Il Montefeltro, territorio dall’elevato ed apprezzato valore paesaggistico, vive alcune criticità tipiche delle aree marginali di altura: spopolamento demografico, impoverimento ed impervietà del terreno.
Da qui la sfida della cooperativa: vivificare i territori abbandonati sviluppando un’agricoltura sostenibile e in perfetta sintonia con la biodiversità, le tradizioni e la salubrità di un ambiente incontaminato e ricco di storia e biodiversità.
Una ricerca appassionante tra campi incolti, classificazioni e tipizzazioni genetiche in collaborazione con enti scientifici nazionali ha permesso di individuare le varietà recuperate.
Un’attenta selezione e la messa in coltura, anno dopo anno, hanno permesso di produrre il frumento più adatto ai microclimi dei terreni e di raggiungere quantità tali da sviluppare i prodotti che vengono macinati e impacchettati in situ garantendo una filiera corta e trasparente: ogni terreno, ogni coltivazione ed il mulino sono individuabili e visitabili.
La scelta del biologico è avvenuta spontaneamente: per generazioni le varietà di frumento selezionate, si sono coevolute con gli ecosistemi della Valle e intessute con la storia, i metodi e le tradizioni agricole delle comunità agricole locali.
La macinatura a pietra, nel rispetto delle tradizioni locali, ha permesso di garantire e preservare l’alto valore organolettico e nutrizionale dei grani che vengono trasformati in farine di tipo 1, 2 ed integrale.
Da un punto di vista nutrizionale, le farine biologiche di grani antichi macinati a pietra preservano tutte le componenti dei chicchi: sono ricche di carotenoidi, antiossidanti e vitamine che vengono assorbite facilmente grazie all’apporto della fibra vegetale, di tipo solubile ed insolubile.
Essa oltre a favorire il transito intestinale, contribuisce a prevenire le malattie cardiovascolari e a ridurre l’indice glicemico.
Le proteine che caratterizzano i grani antichi formano un glutine particolare e presente in minime quantità, facilmente digeribile per le persone sensibili.
La salubrità e le caratteristiche organolettiche si esprimono in saporo e aromi fragranti e genuini, unici ed inconfondibili.
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